Il taglio drizzagno del Brenta - Parrocchia di San Marco Ev

aggiornato il 24/02/2024
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Il taglio drizzagno del Brenta

La storia
IL TAGLIO DRIZZAGNO DEL BRENTA
Quando il Brenta passava per piazza Barbato


Fino a quasi tutto il ‘700 il Brenta passando fra palazzi, case e orti, tagliava in due il borgo e scorrendo sull’area che diventerà l’odierna piazza Barbato, usciva dal paese verso San Vito, seguendo grosso modo il percorso di via Fiorazzo che un tempo era chiamata Strada Molino per i numerosi mulini che esistevano, appunto, sul corso d’acqua.
Fino ad allora il fiume era soggetto a periodiche esondazioni alcune delle quali sono menzionate anche nel “Cronicon” parrocchiale.
Ecco quanto scrive don Miotti in occasione dello straripamento della non più veduta simile escrescenza” dell’autunno del 1786:  “Il giorno 5 Novembre 1786 in cui effettuò Mons. Patriarca la consacrazione del nuovo altare (dei Santi Parroci) fu uno dei più caliginosi e piovosi che unito a due giorni antecedenti e due posteriori e susseguenti causò nel giorno dei 7 consecrato a S. Prosdocimo nostro primo vescovo, e molto più agli 8, tale escrescenza d’acque nella Brenta che sormontava le mura che di fronte sono a difesa della chiesa e canonica.”
Il Brenta era tracimato anche l’anno prima, ma niente che a vedere con quanto successe in quel 1786. Il parroco continua: “… fece una rotta tra le molte altre a S. Vito, ed andò l’acqua fino a quella canonica dell’altezza di un piede (35,74 centimetri). Cosa non più veduta a memoria d’uomo, né più intesa.
In questo paese per la rotta del canale alla parte di Padova giunse l’acqua fino all’ospitale nostro, e poco vi voleva che non toccasse la canonica. Del che non si ha memoria da uomo vivente.
Ai poveri parrocchiani, e agli altri delle circonvicine ville, porsero aiuto Mons. Patriarca Giovanelli, anch’egli sequestrato nel suo palazzo di Noventa, e gli altri gentiluomini di questo luogo anch’essi sopraggiunti dalle acque.
Esercitò principalmente la sua carità con farina e danaro spedito ai parroci S.E. Catarin Corner Podestà di Padova.
Io poi nell’ultima sera dell’Ottavario dei Morti ho raccomandato ed applicata la limosina di lire cinquanta pei poveri del paese inondati o pregiudicati dalle acque. Questa insolita raccomandazione piacque molto ai Patrizi presenti ed offerenti.
Presento qui il Memoriale da me presentato per la prima (1785) inondazione all’Ecc.mo Magistrato alle acque, il quale ebbe effetto in parte subito, e in parte quest’anno 1786 dopo la seconda maggiore escrescenza, coll’aver fatto inalzare un piede le muraglie in faccia alla Chiesa e raddoppiate e fatte più forti le Palificate.”

Le ricorrenti esondazioni mettevano a repentaglio l’esistenza del paese e la vita dei suoi stessi abitanti.
Il ponte del 1191 - posto grosso modo all’altezza fra le attuali Via Ceron e Via Bravi e che scavalcava il fiume seguendo all’incirca l’orientamento NNE-SSW dell’attuale via San Marco – “a cagione delle escrescenze” nei secoli era stato elevato in varie riprese e nel 1787 aveva ormai raggiunto un’altezza di diciotto piedi (quasi 6,5 mt) rispetto al letto del fiume. L’innalzamento, attuato, come s’è detto, per gradi e in tempi diversi, era stato deciso dal Magistrato alle Acque, naturalmente interessando anche l’arginatura, “… aumentandosi sempre più le acque, e crescendo i pericoli a questo Borgo…”
Questi continui innalzamenti avevano avuto come conseguenza anche la progressiva elevazione della strada che restava sempre al livello del ponte tanto da risultare alla fine “… 4 piedi (quasi 1,5 mt.) più alta (del cimitero) con discapito rilevante alla Facciata della Chiesa …”.
All’inconveniente estetico e pratico, verrà posto rimedio dopo l’interramento dell’alveo dismesso, abbassando il fondo stradale in modo appropriato.

Una annotazione sulla profondità del Brenta nel tratto che attraversava il paese, che non sappiamo in quale misura possa essere valida. Quanto fossero alte le sue acque non è dato a sapere, ma stando alla stima sotto riportata non lo dovevano essere molto e meno ancora nei secoli precedenti.  Difatti don Miotti, grazie al rinvenimento durante la demolizione del ponte medioevale di vecchi pali marciti e di resti di un antichissimo durissimo muro, costruito con l’evidente funzione di base d’appoggio,  stimò che in origine il manufatto dovesse essere alto dal fondo dell’alveo all’incirca otto piedi (poco meno di 3 mt.) restando però dubbioso lui stesso sulla conclusione cui era arrivato perché scrive: “Forse il letto o fondo stesso sarà stato allora più basso.”



        
Illustrazione del ponte e del percorso del fiume a lato della chiesa.
(disegno di Giulio Riva del 12-05-1700)



Un altro disegno che mostra il passaggio del fiume fra le case del paese immediatamente
prima della realizzazione del Taglio drizzagno (disegno di Francesco Vicentini del 18-01-1792)



Disegno liberamente realizzato su una mappa odierna di Ponte di Brenta che ipotizza il passaggio
del fiume fra le case del paese basandosi sulla vecchia pianta  topografica più avanti riprodotta.


Nel frattempo le inondazioni del fiume continuavano. Così don Miotti: “Attese le frequenti sempre maggiori escrescenze della Brenta nostra, le quali mettevano a pericolo evidente non che la chiesa tutta questo paese … le quali giunsero quasi a sormontare l’anno scorso (1790) le mura ossia i murazzi nell’anno stesso suddetto 1786 innalzati cotanto,…”.
Era un problema che non si poteva più rimandare. In pochi anni le acque erano tracimate altre tre volte, sormontando il ponte di mezzo metro e quasi raggiungendo l’altezza dei murazzi, messi a sostegno e difesa del cimitero, posto davanti alla chiesa (l’attuale sagrato) ed in fianco alla stessa (lato attuale piazza) elevati ad un’altezza di 20 piedi (7,15 mt.).

Veniamo adesso alla decisione di fare un taglio del fiume per portarlo fuori borgo con la costruzione di un nuovo ponte. Qui conviene tralasciare la cronaca del Miotti e prendere mano ad un interessante libro dal quale veniamo a conoscere molte cose sul taglio del fiume che riguarda Ponte di Brenta: il “Trattato Critico-Idraulico - sulla Inalveazione e Regolamento del Fiume Brenta, conforme al piano idrometrico del Signor Avvocato Fiscale Angelo Artico, approvato e modificato da cinque matematici”, stampato a Milano nel 1795. L’autore è un tal Girolamo Francesco Cristiani, bresciano d’origine e “Capitano Ingegnere della Serenissima Repubblica di Venezia”, componente la commissione “de’ cinque Matematici” che aveva suggerito modifiche e approvato il progetto dell’Artico.
Con questa opera il Cristiani si era sentito in dovere di difendere l’approvato progetto e il lavoro della commissione stessa (e di riflesso anche la propria professionalità) messi in discussione da una durissima critica, sia tecnica che economica, mossa dal nobile veneziano Angelo Querini. Per inciso, vale la pena di ricordare che il Querini presentò anche un suo controprogetto che esaminato da una diversa commissione, venne però rifiutato perché “del tutto incongruente ed inefficace”. Va da sé che tale bocciatura contribuì anche a invalidare le sue critiche.
Nel riferirsi al Querini, il nostro autore così lo presenta:  “…il quale quanto è rispettato pel Lustro de’ suoi Natali, è altrettanto riverito pel suo talento, e per la dottrina ch’ei possiede in varj generi di Studj” (e pensiamo che verso il critico, alla luce del progetto bocciato, abbia avuto una punta di malizia nel sottolinearne tanto il talento che la dottrina).

Sulle motivazioni che stanno alla base della decisioni di procedere ad uno studio di fattibilità dei lavori ed alla redazione di un eventuale progetto per la loro realizzaziome il Cristiani scrive che Il Senato Veneto, da “gran Padre di Famiglia, nell’esercizio delle più benefiche cure, tendenti tanto alla salvezza delle sostanze dei suoi Sudditi, quanto all’ingrandimento del Commercio ed alla felicità della Nazione, ha colla Sovrana sua Sapienza”  incarica la “Conferenza del Magistrato Eccellentissimo alle Acque” (composta “da undici Individui, tre de’ quali diconsi Savi alle Acque, cinque Aggiunti ai Fiumi, e tre altri Esecutori alle Acque”) di verificare “co’ più intenti studi sopra i disordini non meno, che sopra il Regolamento del Fiume Brenta, che attraversa per lungo tratto la più ubertosa parte della Provincia Padovana. Conciossiaché tal Fiume Brenta viene ormai a sconvolgere non solo, ed a porre a soqquadro tutti gli oggetti or ora rammemorati, ma anche a tirare con seco la rovina di gran Fabbriche di Ponti, di Regij Palazzi, e di Tempi sontuosi”.
Da questi attenti studi scaturisce un progetto, datato 13 Luglio 1786, redatto da Angelo Artico, approvato il 2 Ottobre 1788 da una commissione di cinque esperti (comprendente, come più sopra detto, anche il Cristiani) dopo alcune correzioni chieste dalla commissione stessa.
Il 20 Dicembre 1792 il Senato Veneto rende esecutivo tale progetto e delibera che gli interventi programmati debbano essere eseguiti entro un decennio. La spesa preventivata è di complessivi 572.000 ducati veneti. Non sappiamo per quale ragione si siano lasciati passare quattro anni dall'approvazione all'inizio dei lavori; è da supporre che nel frattempo si siano reperite le necessarie risorse finanziarie.
Numerose sono le opere da farsi per la completa sistemazione del Brenta: dal taglio di Brondolo al mare  fino alle arginature del tratto Limena-Tremignon. Sono previste riduzioni d’alveo per lunghi tratti in diverse località, arginature e vari tagli, compreso quello che ci riguarda: “il Taglio Drizzagno a Ponte di Brenta”.

Queste sono le caratteristiche progettuali del taglio:
- Lunghezza 2.585 piedi (mt. 925)
- Larghezza      120 piedi (mt.   43)
- Profondità dell’escavazione 14,2 piedi (mt. 5,10) - che invece in fase di realizzazione dei lavori si fermerà a 11,6 piedi (mt. 4,20).
Dopo il taglio il fiume sarebbe risultato accorciato di 1.815 piedi (mt.650) e quindi considerati i dati suddetti, il tratto di alveo eliminato sarebbe stato di 4.400 piedi (mt. 1.573).

La spesa preventivata era di 16.842 ducati (lire 134.736) così ripartiti:
- ducati 11.902 per l’escavazione (112.016 tavole padovane a 17 soldi per tavola – per effetto della minor    profondità scavata anche le tavole si ridurranno a circa 91.506)
- ducati   4.340 per l’esproprio di 31 campi padovani a 140 ducati il campo
- ducati       600 per la costruzione del nuovo ponte.







Pianta topografica che dimostra l’andamento del nuovo Taglio Drizagno di Ponte di Brenta
con quello dell’alveo che resterà abbandonato.



La libera interpretazione dello stesso disegno proiettato sulla mappa moderna di Ponte d Brenta
(la parte riguardante il Taglio rispetta fedelmente l’andamento attuale del fiume).



La mappa di Ponte di Brenta al giorno d’oggi con l’andamento attuale del fiume.


I lavori, eseguiti dall’appaltatore Maggi sotto la direzione del Capitan Ingegner Letter,  non durarono più di un paio di anni, tanto che il Cristiani nel suo libro li definiva terminati. La spesa effettivamente sostenuta fu di lire 157.290 e 6 soldi  (ducati 19.662) nonostante la ridotta profondità dello scavo, portata, come s’è detto, a 11,6 piedi.
Ci furono pure dei contrattempi che in qualche modo contribuirono a non rispettare, come oggi si dice, il budget.
Ma lasciamo parlare il nostro autore. Il matematico osserva che “l’operazione del Drizzagno, o Taglio di cui si parla, si è dovuta per la gran premura eseguire in acqua, quando secondo il Piano de’ Matematici avrebbe dovuta eseguirsi ad Alveo asciutto, devisato (=deviato) avendo (previsto)  i medesimi, che si scavassero, e si abbassassero, come prescrive l’arte, li fondi inferiori ai Taglj, onde preparar uno scolo alle acque, e che oltre ciò escluder si dovesse la Brenta, dalla Brenta vecchia, col mezzo d’una intestatura da farsi a Limena. La detta operazione è stata aumentata (non già a riguardo della buona economia del Fiume, ma soltanto della località particolare di un Borgo delizioso, qual è quello di Ponte di Brenta) di varj ripari, di varj Cavedoni, e d’altri lavori di simil natura, non punto indifferenti (=di non poco conto), i quali al certo non saranno per occorrere nelle altre località, dove annosi (=si hanno) ad eseguire le proposte operazioni.”
Questi i problemi tecnici. Ma il Cristiani ha da lamentarsi anche degli abitanti di Ponte di Brenta che in qualche modo pare abbiano condizionato la tempistica dei lavori: “A cagione di varie circostanze peculiari del Ponte di Brenta, è stata reiteratamente intercettata la libertà di operare, il che unito ad altri riguardi, cui si è giudicato di dover deferire per quiete, e soddisfazione di varie famiglie rispettabili, ha importato una spesa di molto maggiore, … come il contraente, ossia l’Appaltatore Maggi può a chiunque attestare.”
C’è qualcosa di nuovo sotto il sole?
E si perse anche una buona occasione di risparmio: “Lo stesso Maggi ha offerto il ribasso del 3 per 100 sul prezzo del suo contratto, quando non si fosse obbligato ad eseguirlo con tanta premura, vale a dire quando gli si fosse concesso un più discreto periodo di tempo. Sarebbesi dunque minorata la spesa d’altre lire 4.718, come è facile a rilevarsi.”
La fretta però era tanta. Non furono concesse dilazioni sui tempi ed il risparmio sfumò.
A cosa era dovuta tale urgenza? Il Cristiani non lo dà a sapere, ma è ragionevole ipotizzare, viste le numerose esondazioni di quegli anni, che la situazione idrografica fosse diventata troppo compromessa per rischiare d’aspettare ancora, tanto è vero che fra tutte le opere del progetto la prima ad essere messa in cantiere fu proprio il taglio a Ponte di Brenta.

Riprendiamo ora il Cronicon e don Miotti che non può fare a meno di sottolineare con soddisfazione che “…fu dalla fraterna carità sua il Serenissimo Principe a trasferire oltre a questo borgo sui confini di esso di S. Vito e di Peraga la nostra Brenta vecchia. Mercé della escavazione di un amplissimo alveo nuovo difeso da due grossissimi argini sopra quali sta appoggiato … il bellissimo largo ponte lungo 240 piedi (quasi 86 metri), si è provisto alla sicurezza di questa nostra terra tante volte dalle acque minacciata.”
A Brenta deviato non restava che sistemare l’area occupata dal vecchio alveo  ed a tal proposito il prelato ci informa che con la delibera dell’escavazione del nuovo taglio “…Alla stessa occasione si è ordinato la demolizione dei due Murazzi che fiancheggiano uno il Cimitero l'altro porzioni di terreno alla parte destra superiore quasi dirimpetto alla Chiesa, e se ne è anche fatta dall'Ecc.mo Magistrato alle Acque la vendita per Lire 4000 unitamente alle Palificate a un tal Gio. Batta Mezzalira Padovano, muraro di professione.
Ma la Comunità prevedendo la rovina del Cimiterio se ciò si effettuava del Murazzo che lo sostenta, fece per mio mezzo le qui sottosegnate Suppliche per ottenerne la conservazione …”
“L'effetto di questi due memoriali fu la bramata grazia che restasse il muro con due spanne appena sopra il livello del Cimiterio. La strada parimente, ch'era all'altezza stessa del Ponte, fu concesso dal Magistrato che col disfarsi il selciato, indi rifatto ancora, fosse abbassata al livello e anche un poco al di sotto, del Cimiterio stesso, dove prima era 4 piedi più alta con discapito rilevante alla Facciata della Chiesa ...”
“Demolito il Ponte sull' Alveo vecchio, e fattosi in suo luogo dal Serenissimo Principe un Terrapiano detto Cavedone, della larghezza di piedi 20 circa, m'entrò in pensiero di allargarlo per me-
tà alla parte di sotto, e con ciò allargare eziandio la strada stringendo il Cimiterio, onde tirare una diritta linea dal canton della Canonica alla Casa che dà principio all' ordine delle altre di là dall' Alveo.
Quanto alla dilatazione del Cavedone e all'allungamento del Condotto dell' acque col mezzo di circa 130 mezze giornate di Barelle procuratemi graziosamente, col solo impegno di un po' di collazione (=contribuzione, cioè retribuzione), dalle Boarie del Paese e delle Ville confinanti, cioè n. 7 di Noventa, 2 di Cadoneghe, 5 di Peraga, 7 di S. Vito e 2 di S. Lazzaro, in quindici giorni, col concorso di due giornate per caricarle di ogni Famiglia del Paese, ho condotta felicemente al suo termine la grande impresa col trasporto degli Argini in tutte e quattro le parti di circa 1000 tavole di terra. Spesa Lire 700.”
Da quanto da lui scritto, qui parrebbe che don Miotti si sia ingegnato anche a fare il capomastro, gestendo in prima persona con competenza e successo, i lavori per la riqualificazione del luogo!

Terminiamo con una domanda per provare a soddisfare una curiosità: a quanto corrisponderebbe in euro il costo allora sostenuto?
Qui occorre dire che è difficile fare un sicuro raffronto con il potere d’acquisto di una moneta di 3 secoli fa e quindi che non è possibile dare una sicura risposta. Occorrerebbe disporre di una grande quantità d’informazioni da interpretare con un rigoroso approccio scientifico, fatto da esperti accademici, che crediamo non sia mai stato fatto. Numerosi sarebbero i fattori da misurare quali, ad esempio, la valutazione nel periodo considerato del rapporto di cambio con altri nominali significativi del tempo, i prezzi di materie prime e merci, la disponibilità di metalli preziosi, ecc., considerando infine che  il valore che un determinato bene poteva avere in una determinata epoca, non corrisponde più al valore odierno che si dà a quello stesso bene. Un accenno per tutti: a quel tempo il bestiame faceva molta ricchezza, ma i criteri di valutazione dal '700 ad oggi sono del tutto mutati ed ai nostri giorni non si dà a questo genere di bene l’importanza che una volta aveva.

Forse nel valore dell'oro (nonostante risulti anch'esso determinato da fattori epocali oggi differenti) si può trovare un termine utile per creare un raffronto ed avere un’idea, seppur approssimativa, del rapporto al  valore attuale della spesa allora sostenuta. Facciamo quindi qualche conto, prima precisando che nel secolo XVIII in Veneto avevano corso legale le monete battute dalla Zecca di Venezia e che per cambiare un ducato d’argento occorrevano 8 lire, che salivano a 22 per ottenere uno zecchino d’oro.
Lo zecchino, che dalla Zecca aveva preso il nome, era coniato con oro purissimo al 997 per mille (da qui l’espressione entrata nell’uso comune di definire “oro zecchino” l’oro puro) praticamente uguale all’attuale oro a 24 kt  che è puro al 999 per mille. Il suo peso oscillava tra 3,494 e 3,559 grammi.
Perciò 157.290 lire corrispondevano a 7.150 zecchini d’oro del peso complessivo di circa 25.214 grammi, pari a 50,43 lingotti da 500 gr. cadauno.
Attualmente (prima decade di Novembre 2014) un lingotto d’oro a 24 kt del peso accennato costa € 15.658. Quindi 50,43 lingotti moltiplicati per 15.658 euro danno un valore totale di € 789.632.
Se poi volessimo ipoteticamente fare il calcolo con le vecchie lire italiane, in vigore fino a poco più di un decennio fa, al cambio di 1.936,27 lire contro un euro, avremmo la bella somma di 1 miliardo e 528.940.750 lire.
Naturalmente tutto ciò non ha valore scientifico e, come s’è detto, è fatto solo per tentare di soddisfare una curiosità.




Ponte di Brenta. La parrocchiale e piazza Barbato viste dall’alto. Il Brenta, prima del taglio,
usciva fra le case qui in basso e dirigendosi verso San Vito scorreva dove ora c’è la piazza.




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