La terza chiesa
La storia
La chiesa com'è attualmente
LA TERZA CHIESA
Il rifacimento generale della chiesa romanica, così come al presente la vediamo, fu realizzato in poco più di due anni, a partire dal 21 Febbraio del 1747. Dapprima in nove mesi si provvide per la costruzione della navata, ultimato il corpo della quale, la chiesa venne consacrata il 12 Novembre del 1747 dal Vescovo di Padova cardinale Carlo Rezzonico, futuro papa Clemente XIII.
Nella seconda metà del 1748 a completamento della struttura iniziarono anche i lavori per la costruzione dell’atrio, del battistero e della facciata, cosicché per il Natale del 1749 la chiesa era terminata.
Lo splendido edificio sacro, realizzato dall’architetto Domenico Brunello di Tresto d’Este su suo progetto e su indicazioni del parroco committente e ideatore don Domenico Leonati, fu ricostruito nella navata in stile classico di gusto barocco.
Della chiesa precedente rimasero intatti il presbiterio e l’abside che, come abbiamo già detto, nel 1696 erano stati portati all’altezza attuale. Nell’abside, conservati gli stucchi esistenti, fu rifatto completamente dal Brunello in “verde antico finto con polvere di marmo” il bel drappo che incornicia la pala.
Fu sostituito l’altare maggiore con un altro di magnifica fattura e furono tolti i due che si trovavano ai suoi fianchi, fuori dal presbiterio. Al posto dell’altare di destra, quello della Madonna, fu ricavato l’ingresso alla sacrestia; mentre a sinistra, nel tratto di parete che fu dell’altare di San Daniele, don Leonati sistemò il confessionale che egli considerava “la sua cattedra” (successivamente dov’era il confessionale fu ricavato l’ingresso ad uso dal cappellano per entrare in chiesa e ancora più tardi, interrotto il collegamento con la casa cappellania, venne creato l’accesso all’attuale ripostiglio).
In tempi abbastanza ravvicinati, nella navata furono sistemati sei altari, tre per lato, così come ora li vediamo. Quattro, come già detto, erano derivati con le opportune modifiche dalla chiesa precedente (i due altari di mezzo, quello della Madonna a destra e quello di San Giuseppe a sinistra, pur se rifatti una ventina d’anni prima, fra il 1724 e il 1727, rimasero mantenendo la nicchia originale della precedente struttura quattrocentesca). Gli ultimi due, quelli prossimi al presbiterio, l’altare del Sacro Cuore a sinistra e quello dei tre santi parroci a destra, furono collocati rispettivamente nel 1750 e nel 1784, a rifacimento ultimato.
Delle balaustre in colonnine separavano il presbiterio dalla navata. Erano di marmo bianco e rosso, divise da un cancello in ferro battuto del 1784 dell’artista bassanese Antonio Zanchetta.
Nella seconda metà del novecento vennero smontate a seguito delle innovazioni liturgiche portate dal Concilio Vaticano II, ma sciaguratamente furono eliminate insieme al cancello e da allora non se ne sa più nulla.
Per affrescare la chiesa don Leonati chiamò il valente pittore Giovanni Battista Crosato. Le opere sono così disposte: sul soffitto sovrastante l’atrio si aprono cinque occhi in monocromo grigio. Gli affreschi proseguono verso il mezzo della navata con tre scene centrali, entro scomparti mistilinei e attorno a queste scene, posti simmetricamente, si aprono sei quadrilobi in monocromo grigio.
La decorazione continua anche sulle pareti della navata ed è composta da una serie di dieci riquadri in grisaille su fondo oro.
All’inizio della navata, sul lato destro, si realizzò il battistero (nell’edificio quattrocentesco era invece collocato a sinistra) la cui camera fuoriesce dal corpo della chiesa, ed a separare l’ingresso dalla navata fu costruito l’atrio, sopra il quale trovarono posto la cantoria con l’organo.
Dopo l’altare di S. Giuseppe si trova una porta che nei primi anni dello scorso secolo conduceva all’Oratorio della Madonna di Pompei e che adesso conduce alle aule oltre che all’esterno, dove dà su piazza Barbato. Dall’altra parte, subito dopo l’altare della Madonna, la porta esistente, che attualmente si apre sulla cappella invernale, una volta era l’accesso ad una scaletta che conduceva al pulpito.
Giovanni Gloria, padovano (1684-1759) profuse la sua arte di noto intagliatore per la realizzazione del pulpito e della balaustra della cantoria.
Purtroppo nella seconda metà del Novecento il pulpito venne smontato senza alcun riguardo e disperso. Per fortuna durante il restauro del 1983, nel solaio accanto al campanile venne trovata e recuperata la parte più importante che, con cambio di funzione, ora è degnamente ritornata all’uso liturgico. Attualmente assolve alla funzione di base della mensa eucaristica dell’altare postconciliare.
Quello posto in cantoria è il secondo organo lì installato. E’ un’autentica opera d’arte di Gaetano Callido, famoso costruttore d’organi, insuperabile nella sua professione, così come fu lo Stradivari nel realizzare i violini. Prima dello strumento del Callido venne utilizzato un organo costruito da Giacinto Pescetti, acquistato nel 1733.
Per ultima fu completata la monumentale e solenne facciata.
L'attuale pavimentazione, in marmo di Verona, è stata realizzata nel 1851 ad opera dell'esperto tagliapietra Giovanni Barbato fu Domenico nativo di Ponte di Brenta, quando questi aveva 85 anni di età.
Abside e coro
A prova concreta dell’appartenenza dell’abside e del coro alla chiesa quattrocentesca, in coro, sul primo pilastro destro, nel restauro del 1983 è stato scoperto e poi reso stabilmente visibile attraverso un cristallo, anche il marmorino della chiesa romanica, contemporanea al campanile. Si notano su questo primo marmorino punzonature ed incavi a tratti spessi; sono stati fatti nel 1747 per far aderire meglio il sovrapposto strato di marmorino della chiesta attuale.
Gli stucchi sul soffitto del coro e sul catino dell’abside sono del primo Settecento e non se ne conosce l’autore.
Nel catino absidale sono stupendamente raffigurati numerosi angeli salmodianti e osannanti attorno all’Eucaristia, con strumenti musicali dell’epoca: il liuto, la tromba, Il flauto dolce-diritto, il violino, il violone, il violoncello, ecc..
Il drappo che incornicia la pala, come già detto fu rifatto in luogo del precedente. La tela (c.ca 1565) è opera pregevole del veneziano Giovanni Parrasio Michieli o Micheli (1516 c.ca - 1578), possibile allievo del Tiziano e imitatore dello stile del Veronese.
Sempre magnifici sono gli stucchi che si notano sulla volta del Coro al centro della quale è rappresentato lo Spirito Santo sotto la forma di colomba.
Nei pennacchi sono raffigurate le quattro virtù cardinali: la prudenza con lo specchio in mano; la giustizia con la bilancia; la fortezza con la colonna; la temperanza con l’imbuto rivolto verso il basso per offrire agli altri il frutto dei propri sacrifici e rinunce.
Due tele di Jacopo Marieschi (Venezia 1711-1794), entrambe offerte dalla munificenza del patrizio veneto Bollani, ornano le pareti del coro; una, quella di sinistra guardando la navata, rappresenta l’ultima cena, mentre l’altra descrive la caduta della manna. Le tele sono coronate da cornici di stucco con decorazioni floreali. Bellissime e molto significative le coppie di angeli che sormontano superiormente le cornici.
Altare maggiore
Al nuovo magnifico altare maggiore lavorarono tre valenti artisti: per l’altare Giuseppe Caribolo, veneziano, che lo scolpì nel 1748 in marmo di Carrara; Bortolo Bodolo, pure veneziano, che scolpì sul paliotto il pregiato bassorilievo raffigurante l’offerta del pane e del vino da parte di Melchisedech; Agostino Fasolato, padovano (1712-1772), che compì lo splendido tabernacolo, prezioso lavoro d’intarsio in marmo policromo; interessanti, tra le diverse composizioni, sono gli strumenti della Passione che lo circondano tutto, ma stupenda addirittura è l’Ultima Cena.
La predella di marmo policromo è di ottima qualità artistica, ancora bellissima ed in buono stato. Vi si nota solo un piccolo incavo nel mezzo, in corrispondenza dei tacchi delle scarpe dei sacerdoti che fino al Concilio Vaticano II si sono susseguiti all’altare nella celebrazione eucaristica.
Ai lati del tabernacolo furono collocate le statue di San Marco evangelista e di San Daniele di Giovanni Bonazza, veneziano di nascita ma padovano d’elezione (1654-1736), opere egregie di una delle personalità più interessanti della scultura della fine del Seicento e del principio del Settecento. Le qualità fondamentali di questo artista sono il movimento, dovuto all’enfasi della linea e della luce, che dà una corposità agitata, ma sostanzialmente tenera, una lieve interpretazione del chiaroscuro in una delicata vibrazione delle pose.
San Marco tiene nella mano destra la penna mentre il leone accovacciato ai suoi piedi regge fra le zampe il calamaio. San Daniele, levita e martire, con la mano sinistra porta il gonfalone di Padova e con la destra sostiene la città di Padova di cui è patrono, rappresentata dal castello di Ezzelino, dalla torre del municipio, dal palazzo della Ragione e dalla cattedrale.
Affreschi
Come s’è detto gli affreschi sono tutti di Giovanni Battista Crosato (Venezia 1685/6-1758) notevole frescante che ha nella cultura figurativa del 1700 un ruolo considerevole, anche se del tutto personale e spesso antitetico alla moda decorativa tiepolesca.
Sul soffitto dell’atrio si aprono cinque occhi in monocromo grigio: l’ovato centrale, che rappresentava il martirio di San Marco, è andato perduto in seguito ai danneggiamenti provocati da un bombardamento avvenuto durante la seconda guerra mondiale. Gli altri quattro occhi evidenziano: la fede rappresentata da una donna velata con la pisside e l’Ostia santa (a destra entrando); la speranza, raffigurata da un angelo che con la sinistra regge un’ancora (in centro dietro); la carità sotto le sembianze di un angelo con in mano il cuore fiammeggiante di Cristo (a sinistra); la liturgia effigiata con un angelo tra la navicella, il turibolo e il campanello /in centro davanti).
La decorazione prosegue verso il mezzo della navata con tre scene centrali, entro scomparti mistilinei rappresentanti: la predica di San Marco (verso l’entrata); la gloria di San Marco (al centro); San Marco percosso dai manigoldi (verso l’altare maggiore).
Posti simmetricamente attorno a tali scene, sei quadrilobi in monocromo grigio rappresentano episodi della leggenda del trasporto del corpo del Santo da Alessandria d’Egitto a Venezia. Il racconto si snoda per fasce parallele da sinistra a destra, girando attorno alle tre scene centrali: il corpo calato dal sepolcro, il sotterfugio della carne suina, il corpo tratto dalla nave, l’arrivo a Venezia, la rivelazione del sepolcro, il miracolo degli scogli mostruosi. In questi affreschi i personaggi appaiono eleganti nel vibrare dei colore cinerino.
Gli affreschi continuano anche sulle pareti della navata con storie dell’Antico Testamento e sono composti da una serie di dieci riquadri in grisaille su fondo oro, dipinti sotto il cornicione. Qui la veloce pennellata ha effetti di aggraziato rococò. Da sinistra verso destra essi rappresentano: Rebecca al pozzo, Giuditta e Oloferne, il giudizio di Salomone, l’uccisione di Abele, Abramo incontra Melchisedech, Mosè fa scaturire l’acqua, il serpente di bronzo, la resurrezione dei morti, la figlia di Jefte, Davide cantore.
Battistero
L’ambiente non ha alcun particolare pregio salvo il fonte battesimale. La vasca è in pietra ci Custoza, rivestita all’interno in marmo rosso ed è la prima opera datata di Francesco Androsi, padovano (1713-1785), amico e il migliore seguace di Antonio Bonazza, figlio di Giovanni. La colonna che sostiene la vasca è del battistero della chiesa precedente ed alla base porta incisa la data di costruzione: 1582.
Altari laterali
Gli altari, come s’è visto, sono tutti e sei del ‘700 e di questi, quattro sono opera del tagliapietra Francesco Zanini detto Mangrande.
i tre di destra, entrando dalla porta principale, sono dedicati, partendo dal fondo, ai Ss. Rocco e Sebastiano, alla Madonna ed ai tre santi parroci S. Ivo (Ivone), S. Valerio e S. Giovanni Canzio.
San Rocco e San Sebastiano dal ‘400 erano onorati sull’altare centrale nella navata, ma qualche decennio prima dell’abbattimento della seconda chiesa erano stati spostati per lasciare il posto alla statua della Madonna. L’altare che si vede attualmente è del 1728. Del precedente ha conservato la vecchia pala di Pietro Damiani da Castelfranco (1596-1631) restaurata nel 1747 in occasione della consacrazione della chiesa. Rappresenta i santi cui è dedicato l’altare.
Dell’Altare della Madonna s’è già detto.
L’altare dei tre santi parroci fu invece collocato nel 1784, quasi quarant’anni dopo l’erezione della chiesa. Si sa che questo altare fu consacrato dal cardinale Giovanelli, patriarca di Venezia, il 5 Novembre 1786. Nella pietra sacra della mensa, sono inserite le reliquie di San Barnaba, discepolo del Signore, S. Stefano, protomartire, S. Lino, papa e di S. Erasmo, vescovo. La pala rappresenta i tre santi parroci ed è opera di Lorenzo Gramiccia (1702-1795).
I tre altari di sinistra sono dedicati, sempre partendo dal fondo, a Santa Lucia ed a altri santi, a San Giuseppe ed al Sacro Cuore.
Come i Ss. Rocco e Sebastiano che precedentemente erano altrove collocati, anche Santa Lucia prima era onorata nell’altare ora dedicato a San Giuseppe e anch’essa nello stesso periodo fu spostata. L’altare attuale è stato costruito nel 1726 in marmo rosso di Francia. La pala, dipinta dal padovano Giovanbattista Cromer (1666-1745) rappresenta in alto S. Giuseppe, sotto, in primo piano, S. Lucia, S. Lorenzo, S. Andrea Avellino, ed ai lati S. Antonio di Padova, S. Filippo Neri, S. Ignazio di Loyola e S. Luigi.
Dell’altare di San Giuseppe s’è già detto.
L’altare del Sacro Cuore, autentico capolavoro, tutto in marmo di Carrara, è costituito da un geniale altorilievo di teste d’angelo che attorniano un’immagine, asportata e ora dipinta in epoca moderna, del Sacro Cuore. Il paliotto porta al centro un finissimo bassorilievo raffigurante Gesù che incontra la Madre e le Pie Donne sulla via del Calvario. E’ opera stupenda scolpita nel 1750 da Antonio Bonazza (figlio del celebre Giovanni).
Se la parrocchia può vantarne il possesso, ciò è dovuto sempre alla generosità del patrizio Bollani che ne sostenne la notevole spesa (1000 ducati).
Parapetto della cantoria
E’di legno tutto scolpito da Giovanni Gloria, padovano (1684-1759). Fra i copiosi fregi sono inserite tre formelle dorate riproducenti episodi del Nuovo Testamento: al centro, una bellissima e deliziosa adorazione dei pastori; a sinistra, Giuseppe avvertito in sogno dall’angelo di scappare; a destra, la fuga in Egitto della Sacra Famiglia.
Architettura interna
E' di elegante fattura in stile classico di gusto barocco. Presenta un equilibrato gioco dei volumi e degli spazi ed è ben proporzionata in tutti gli elementi che la caratterizzano. La copertura del presbiterio è sostenuta da pilastri con zoccoli in pietra di Custoza, al pari della volta della navata e dell’atrio sorrette in questo caso anche da paraste, con capitelli corinzi sormontati dalla trabeazione. I sei altari laterali, posti su predella, inseriti tra due paraste, sono chiusi entro pseudo cappelle poco profonde con volta ad arco tutto sesto. E’ illuminata da 6 finestroni (tre per lato) ricavati nella parte alta delle pareti laterali, sopra la cornice.
Facciata
La facciata è improntata allo stile classico con 4 paraste che s’innalzano su una cornice e sulle quali si sovrappongo capitelli d’ordine corinzio a sostegno della trabeazione; fra le paraste e sotto la cornice risalta il rilievo dei medaglioni. Il basamento è in pietra di Custoza. Il timpano, caratterizzato da un rosone al centro, è sormontato da 3 statue raffiguranti s. Marco. (al centro), S. Rocco (a destra) e S. Antonio (a sinistra), attribuibili a Giovanni Bonazza, anche se mancano prove scritte di contratti ad esse relative.
Stando al contratto stipulato con il Brunello, il portale è quello della chiesa quattrocentesca perché gli accordi prevedevano di “… servirsi della porta vecchia tanto di quella di legnio come la porta (=portale) di pietra, facendola però rassare.”
A completamento della documentazione, di seguito si trascrivcono i due contratti stipulati dalla parrocchia con l’architetto Domenico Brunello, inoltre si riproduce il contratto per la costruzione dell’organo.
Primo contratto
SCRITTURA TRA DOMENICO BRUNELLO ARCHITETTO E I MASSARI DELLA CHIESA PER RIDURLA NELLO STATO IN CUI SI TROVA AL PRESENTE 1787. (dal Cronicon)
21 febbraio 1747. «Si dichiara con la presente esser eseguito in questo oggi Contratto tra il Sig. Antonio Bacco, et Sig. Antonio Buratin detto Biondo, et il Sig.r Gerolimo Buldrin, et il Sig. Giacomo Buldrin tutti della Villa di Ponte di Brenta sotto Padoa con Mistro Domenico Brunello Murer dal Tresto sotto Este che accetta l'impegnio et obrigo di adornarli la Chiesa Parrocchiale di Ponte di Brenta con li patti e modo come segue:
Primo il suddetto Brunello si obriga adornarli la suddetta Chiesa con Pilastri di rilievo con farli li suoi rugoloni e basamenti de Pilastri con basi attiche e corintie con sue base delle alette delle Cappelle ristramade tutto di Pietra da Costoza e ben operate. Parimente doverà inalzar tutti li Pilastri che sia fuori del muro once 4 e mezzo come in Disegnio, e sopra essi pilastri doverà farli li suoi Capitelli Corinti di stucco tutti a foglie a lavazzo e farli il suo Architrave sopra, fregi, e cornice anco nel Coro doverà caminar la cornice come in Dissegnio.
Secondo. Doverà far n. 3 Capelle da nuovo sfondre giusto il Dissegnio et una rifarla con farli le sue imposte e i suoi volti soazati con sue saragli rochelade di stucco senza metter mano nelle due Capelle di mezzo.
Terzo. Sopra alla prima Cornice doverà far li Pilastri come in Dissegnio con sue base e sua Cornice di sopra, con l'obrigo al suddetto Brunelo a disfar la mezza vetta del soffitto per inalzar essa Cornice sino sotto alli modiglioni delle Cadene, acciò possi carninar la Cornice anco davanti e di dietro sopra alli due Archivolti.
Quarto. Doverà scarpellar tutto il soffitto d'essa Chiesa et interazzarlo da niovo, confar tutte le soazze e bassirilievi fatte di stucco. Il tutto come si vede nel dissegnio, e poi stabilirlo di marmorino.
Quinto. Doverà scarpellar tutte le muraglie interne del Corpo della Chiesa cetuato il Coro e Tribuna e poi interazzarle di malta e stabilirle di marmorino, con farli tutti quelli adornati di basso rilievo come si vede nel Dissegnio.
Sesto. Doverà far n. 6 Fenestroni di rottura e poi soazzarli attorno con soazza a la romana. Con l' obrigo al suddetto Brunelo a di lui spese di far fare li sei Fenestroni di veri con lastre ottangole con sue ramade.
Per le quali tutte le oltrescritte cose espresse e dichiarate doversi fare e far fare da esso suddetto Domenico Brunello a tutte sue spese, comodo et incomodo utile e danno promette e si obriga proveder a di
lui spese si di pietre da Costoza, pietre cotte, quadri per cornice, calcinanegra e bianca, legname d'armadura e soffitto, chiodaria d'ogni sorte, terazzo sottile, giesso da presa, polvere di marmo, finestre de veri con sue ramade e tutto quello possi occorrere de materiali per terminar la suddetta fattura tutto a di lui spese cetuato che li adornamenti delle porte interne che di quelle non averà alcun obrigo nemen de li Altari.
Li oltrascritti nominati cioè il S.r. Antonio Bacco, e il Sig.r Antonio Buratin detto Biondo, et S.r Gerolimo Buldrin e il S.r Giacomo Buldrin tutti uniti qui presenti si obrigano di contribuir e pagar al suddetto Domenico Brunello o chi farà per lui si per spese che per fatture in tutto Lire niove mille dico L. 9.000 che doverà esser pagati et esborsati in tre anni, cioè il presente anno 1748 Lire quattro mille L. 4.000 cioè L. 1.000 quando avrà dato principio all'opera, L. 1.000 quando averà fatto tutte quattro le Capele e pilastri cornice greze L. 1.000 quando averà terminato il sofitto, L. 1.000 subito che averà terminate le operazioni.
Per le altre Lire cinque mille doverà pagarle in due anni a venire cioè L. 2.500 l'anno 1749 nel mese di maggio o giugno. Le altre L. 2.500 l'anno 1750 nel mese di maggio o giugno. Parimente averà l'obrigo di contribuir al suddetto Brunello oltre le L. 9.000 tute le Condotte de cavezzi de materiali che pole ocorrere et il bisogno de sabion. Cussì pure averà l'obrigo li infrascritti di darli il bisogno de vino e letti per li operari del suddetto Brunello.
Quale con la presente privata Scrittura che valer debba se fatta fosse per mano di Pubblico Nodaro della incrita Città di Venezia si obrigano li infrascritti in sua specialità di pagare al suddetto Brunello quanto sta sopra è dichiarito promettano di non mancare, obrigandosi tutti li suoi mobili e stabili beni futuri presenti, e per validità sarà sottoscritti ambe le parti.
lo Domenico Brunello affermo quanto di sopra».
Secondo contratto
ALTRA SCRITTURA CON LO STESSO BRUNELLO RAPPORTO ALL'ATRIO CH'ORA ESISTE, E IN CUI SI TROVA L'ORGANO. (dal Cronicon)
«A primo ottobre 1748.
Si dichiara con la presente esser eseguito in quest' oggi contratto tra il S.r Gerolimo Buldrin, e il s.r Giacomo Buldrin, il S.r Antonio Bacca, il S.r Antonio Buratin et Sig. Giovanni Barbata et S.r Olivo Zoppon et S.r Giacomo Squercina tutti Massari della Chiesa Parrocchiale della Villa di Ponte di Brenta sotto Padoa per una parte.
E per l'altra parte con Mistro Domenico Brunello Murer del Tresto sotto Este, che accetta l'irnpegnio et obrigo di far un Atrio davanti la Chiesa suddetta et la facciata d'essa Chiesa con li patti e modi come segue.
I - Il suddetto Brunello averà l'obrigo di far il suddetto Atrio giusto il Disegnio, largo quanto sono la Chiesa, lungo Piedi 18 circa il tutto con pilastri di cotto e base e rugoloni de pilastri fatti de Pietra da Costoza come si ha fatto la Chiesa con capiteli, cornice di cotto con suo volto, con un sfondro nel mezzo fatto a radin con suoi archivolti soazati con legname di larice et il suo coperto con cadene e morali d'Albeo, coppi e tavele il tutto stabilito di marmorino come si ha fatto la Chiesa.
II - Averà I'obrigo il suddetto Brunello di far un luoco per servir il Battisterio largo piedi 10 lungo piedi 7, alto piedi 9 con suo soffitto ma senza salizo nemmen nell' Atrio. Parimente averà I'obrigo di far una Scaletta di Pietra Costoza fuori del muro dell' atrio che conduca sopra la Cantoria dell'Organo, e dovera porre in opera li modiglioni d'essa Caritoria e far due porte nell' Atrio con suoi l'amena ti e cornice soazate tutte finto marmo con sue porte di legno e ferramenta con due seradure.
III - Averà l'obrigo il sopraddetto Brunello di far la Facciata d'essa Chiesa come si vede dal Dissegnio, cetuato che la porta, che doverà servirsi della porta vecchia tanto di quella di legnio come la porta (leggi: portale) di pietra, facendola però rassare. Parimente doverà a di lui spese far le base di piedistali, zimase de piedestali, base delli pilastri, soazza del quadro sopra la porta, Capitelli Corinti e tutti li modiglioni della cornice e del Frontespizio, colarini delli Pilastri e lastolina sopra il giozzolatorio della cornice piana, il tutto doverà esser fatto di pietra da Costoza et il rimanente di piedestali muri pilastri e cornice tutto di cotto, e poi interazzato e stabilito di marmorino.
Parimenti doverà far li 3 quavistelli sopra essa Facciata e sopra ponerli le sue statue che al presente si trova.
IV - Doverà esso Brunello a di lui spese far fare due mezze Lune nell' Atrio fatte de Lastre ottangole con sue rarnade, et due finestre nel luoco del Battisterio, et una Fenestrella per dar lume alla scaletta che vanno all' Organo.
V - Doverà esso Brunello provveder a di lui spese tutte le pietre cotte, tavelle, ceppi, quadri, calcina, pietre da Costoza, Legniame d'ogni sorte, ferramenta, chiodaria, il tutto a di lui spese cetuato le miara sette di pietre che fu condotte che quelle sia dibattuto nel conteggiar nella polizza et anco 1'avantaggio che si ha avuto nelli brusoni.
Li oltrascritti nominati Massari tutti qui presenti si obrigano di contribuire e contare pagare al sopraddetto Domenico Brunello o a chi farà per lui si per spese che per fattura Ducati due mille seicento dico n. 2.600 da L. 6.4 per Ducato, quale esso dinaro doverà pagarli in rate annue, cioè nell'anno 1749 per le Feste del Santissimo Natale Lire duemillecinquecento, dico L. 2.500 e così di anno in anno nelle sante Feste di Natale doverà pagare le suddette Lire 2.500 sino il suddetto Brunello saranno intieramente saldato delli Ducati n. 2.600, con l'obrigo alli suddetti di contribuir al suddetto Brunello tutte le condotte de materiali et il bisognio de sabion e vino e letti per li operari. Se il sudetto Brunello facessero altre fatture che nella presente non fussero nominate queste doverà esser pagate de sopra più delli Ducati 2.600.
Nel tempo che il suddetto Brunello che farà la suddetta operazione li infrascritti averà l' obrigo di contribuirli e pagarli alla su ma de L. quatordecimille, dico L. 14.000 compreso quel dinaro che averà avuto per il passato che questi sarà per saldo delle spese e fatture fatte per la Ia citura della Chiesa giusto l'accordo stabilito con S. Ecc. S.r Giovanni Bollani.
Quale con la presente privata Scrittura che valer debba come se fatta fosse in Atti di pubblico Nodaro della incrita Città di Venezia. Si obrigano li oltrascriti in sua spezialità di pagare al suddeto Brunello quanto sta espresso e dichiarito nella presente Scritura promettono di non mancare obrigandosi tutti li suoi mobili beni stabili futuri pre enti, e per validità della presente sarà sottoscritti ambe le parti.
lo Domenico Brunello affermo quanto di sopra».
Il contratto originale per la costruzione dell'organo