Introduzione
La storia
LA STORIA DELLA NOSTRA PARROCCHIA E DEL SUO TERRITORIO
"introduzione"
"introduzione"
La località dove ora viviamo, a cavallo fra il XII ed il XIII secolo non era altro che una zona boschiva in mezzo alla quale passava il Brenta. Ma non era stata così in antico, quando faceva parte della colonia romana compresa nella centuriazione che a Nord si estendeva dal comprensorio di Camposampiero per arrivare a Sud ai piedi dei Colli Euganei. In quell’epoca era terra ben tenuta, intensivamente coltivata e abitata.
Nei secoli successivi però, la caduta dell’impero romano e l’avvento delle invasioni barbariche influirono negativamente sull’assetto del territorio che finì con l’essere abbandonato. E la campagna col passare del tempo si trasformò in una selva.
Questo stato durò secoli senza significative variazioni, praticamente quasi fino alla costruzione del ponte che poi diede origine a Ponte di Brenta.
Il ponte, voluto dal libero Comune di Padova, fu realizzato in legno nel 1191 e quasi certamente si può dire che risale agli anni immediatamente successivi l’edificazione di una chiesa e la fondazione della nostra parrocchia anche se a quel tempo, come vedremo, parrocchia nel senso completo del termine non era.
Dalla costruzione del ponte in poi il borgo cominciò a svilupparsi ed il territorio andò via via modificandosi grazie all’attività delle famiglie di contadini che lavorando per conto dei proprietari terrieri, strappavano la terra alla selva.
Il disboscamento poté dirsi concluso alla fine del XIII secolo.
Nei primi anni del XV secolo, Ponte di Brenta divenne parrocchia autonoma, affrancandosi del tutto da quella di Noventa.
La popolazione nel frattempo era cresciuta e probabilmente la chiesa ormai non bastava più alle esigenze della comunità. Così nella prima metà del 1400 gli abitanti se ne costruirono una nuova, di stile romanico o tardo gotico come le chiese dell’epoca, erigendola quasi certamente sullo stesso posto della precedente.
Questa seconda chiesa durò poco più di 3 secoli, fino a quando al suo posto don Domenico Leonati in due anni (dal 1747 al 1748) ne costruì un’altra, l’attuale.
Ponte di Brenta seguì, e ovviamente non poteva essere diversamente, le sorti di Padova della quale è utile ricordarne sommariamente le vicissitudini a partire, per quanto ci riguarda, dalla storica data di costruzione del ponte.
La città fu libero Comune dal 1183 fino alla sua conquista da parte di Federico II del 25 febbraio 1237; subì la dominazione a tutto il 20 giugno 1256 del tiranno Ezzelino da Romano, dopo di ché ritornò libera e in pace per una cinquantina d’anni passati i quali entrò in lotta contro Cangrande della Scala che, protetto dall'Imperatore, da Verona cercava l'espansione verso i territori vicentini e padovani. Per difendersi dai Veronesi, Il 25 luglio del 1318 si assoggettò alla signoria dei Carraresi che durò fino al 1405 quando, il 22 novembre, Venezia ne diventò padrona.
Da allora, sotto la città lagunare, Padova rimase in pace fino alla conquista francese del marzo 1797. Napoleone con il trattato di Campoformio del 17 ottobre 1797, cedette il Veneto fino all’Adige, il Friuli, l’Istria e la Dalmazia agli Austriaci. Ma questo non proprio subito per Padova, nonostante il trattato, perché i Francesi rientrarono in città nel gennaio del 1780, rimanendovi per poco più di un anno e vi ritornarono anche nel 1805 per poi andarsene definitivamente nel 1813.
Dopo la disfatta di Bonaparte, in base al trattato di Vienna gli Austriaci incorporarono il Nord-Est nel Regno Lombardo-Veneto e tale condizione durò fino all’annessione al Regno d’Italia del Veneto, del Friuli e della provincia di Mantova, al termine della terza guerra d’indipendenza.
A questo proposito è curioso sapere come avvenne in Veneto l’annessione, frutto di accordi triangolari tra Francia, Austria e Italia: il 19 ottobre 1866 L’Austria cedette il Veneto alla Francia, la quale quasi contestualmente lo girò all’Italia che ne assunse la giurisdizione nonostante che gli accordi subordinassero espressamente il passaggio della nostra regione dalla sovranità austriaca a quella italiana, dopo l’esito positivo di un referendum da indire per conoscere la volontà dei Veneti.
Il referendum ci fu successivamente e si svolse il 21 e 22 ottobre del 1866. Fu a suffragio universale maschile. Da molti è chiamato anche “plebiscito truffa” in quanto non fu certamente libero e democratico come oggi lo intendiamo con questi due aggettivi.
Un esempio per tutti, ecco come si svolse a Malo (VI): le autorità comunali prepararono e distribuirono dei biglietti col “SI” e col “NO” di colore diverso (quindi intenzione di voto identificabile); inoltre fu fatto obbligo ad ogni elettore di presentarsi ai componenti del seggio pronunciando il proprio nome e di consegnare il biglietto al presidente per il deposito nell’urna (il collegamento persona-voto era assicurato!).
Nota: le fonti alle quali abbiamo attinto a piene mani per la stesura di questa e delle prossime pagine, sono principalmente due:
“Ponte di Brenta da ieri ad oggi” del Sac. Guido Beltrame (padovano - storico e storico dell’arte) - Ponte di Brenta 1988; opera fortemente voluta da don Albino Zanon affinché venissero raccolte in volume le principali memorie della parrocchia e del suo territorio.
“Il territorio padovano illustrato” di Andrea Gloria (paleografo e storico padovano), edito in Padova da Arnaldo Forni Editore nel 1862.
Nei secoli successivi però, la caduta dell’impero romano e l’avvento delle invasioni barbariche influirono negativamente sull’assetto del territorio che finì con l’essere abbandonato. E la campagna col passare del tempo si trasformò in una selva.
Questo stato durò secoli senza significative variazioni, praticamente quasi fino alla costruzione del ponte che poi diede origine a Ponte di Brenta.
Il ponte, voluto dal libero Comune di Padova, fu realizzato in legno nel 1191 e quasi certamente si può dire che risale agli anni immediatamente successivi l’edificazione di una chiesa e la fondazione della nostra parrocchia anche se a quel tempo, come vedremo, parrocchia nel senso completo del termine non era.
Dalla costruzione del ponte in poi il borgo cominciò a svilupparsi ed il territorio andò via via modificandosi grazie all’attività delle famiglie di contadini che lavorando per conto dei proprietari terrieri, strappavano la terra alla selva.
Il disboscamento poté dirsi concluso alla fine del XIII secolo.
Nei primi anni del XV secolo, Ponte di Brenta divenne parrocchia autonoma, affrancandosi del tutto da quella di Noventa.
La popolazione nel frattempo era cresciuta e probabilmente la chiesa ormai non bastava più alle esigenze della comunità. Così nella prima metà del 1400 gli abitanti se ne costruirono una nuova, di stile romanico o tardo gotico come le chiese dell’epoca, erigendola quasi certamente sullo stesso posto della precedente.
Questa seconda chiesa durò poco più di 3 secoli, fino a quando al suo posto don Domenico Leonati in due anni (dal 1747 al 1748) ne costruì un’altra, l’attuale.
Ponte di Brenta seguì, e ovviamente non poteva essere diversamente, le sorti di Padova della quale è utile ricordarne sommariamente le vicissitudini a partire, per quanto ci riguarda, dalla storica data di costruzione del ponte.
La città fu libero Comune dal 1183 fino alla sua conquista da parte di Federico II del 25 febbraio 1237; subì la dominazione a tutto il 20 giugno 1256 del tiranno Ezzelino da Romano, dopo di ché ritornò libera e in pace per una cinquantina d’anni passati i quali entrò in lotta contro Cangrande della Scala che, protetto dall'Imperatore, da Verona cercava l'espansione verso i territori vicentini e padovani. Per difendersi dai Veronesi, Il 25 luglio del 1318 si assoggettò alla signoria dei Carraresi che durò fino al 1405 quando, il 22 novembre, Venezia ne diventò padrona.
Da allora, sotto la città lagunare, Padova rimase in pace fino alla conquista francese del marzo 1797. Napoleone con il trattato di Campoformio del 17 ottobre 1797, cedette il Veneto fino all’Adige, il Friuli, l’Istria e la Dalmazia agli Austriaci. Ma questo non proprio subito per Padova, nonostante il trattato, perché i Francesi rientrarono in città nel gennaio del 1780, rimanendovi per poco più di un anno e vi ritornarono anche nel 1805 per poi andarsene definitivamente nel 1813.
Dopo la disfatta di Bonaparte, in base al trattato di Vienna gli Austriaci incorporarono il Nord-Est nel Regno Lombardo-Veneto e tale condizione durò fino all’annessione al Regno d’Italia del Veneto, del Friuli e della provincia di Mantova, al termine della terza guerra d’indipendenza.
A questo proposito è curioso sapere come avvenne in Veneto l’annessione, frutto di accordi triangolari tra Francia, Austria e Italia: il 19 ottobre 1866 L’Austria cedette il Veneto alla Francia, la quale quasi contestualmente lo girò all’Italia che ne assunse la giurisdizione nonostante che gli accordi subordinassero espressamente il passaggio della nostra regione dalla sovranità austriaca a quella italiana, dopo l’esito positivo di un referendum da indire per conoscere la volontà dei Veneti.
Il referendum ci fu successivamente e si svolse il 21 e 22 ottobre del 1866. Fu a suffragio universale maschile. Da molti è chiamato anche “plebiscito truffa” in quanto non fu certamente libero e democratico come oggi lo intendiamo con questi due aggettivi.
Un esempio per tutti, ecco come si svolse a Malo (VI): le autorità comunali prepararono e distribuirono dei biglietti col “SI” e col “NO” di colore diverso (quindi intenzione di voto identificabile); inoltre fu fatto obbligo ad ogni elettore di presentarsi ai componenti del seggio pronunciando il proprio nome e di consegnare il biglietto al presidente per il deposito nell’urna (il collegamento persona-voto era assicurato!).
Nota: le fonti alle quali abbiamo attinto a piene mani per la stesura di questa e delle prossime pagine, sono principalmente due:
“Ponte di Brenta da ieri ad oggi” del Sac. Guido Beltrame (padovano - storico e storico dell’arte) - Ponte di Brenta 1988; opera fortemente voluta da don Albino Zanon affinché venissero raccolte in volume le principali memorie della parrocchia e del suo territorio.
“Il territorio padovano illustrato” di Andrea Gloria (paleografo e storico padovano), edito in Padova da Arnaldo Forni Editore nel 1862.